domenica 14 giugno 2020

Il Bertoldo n. 2

Se mi dicessero che non verrà rinnovata la concessione autostradale ad ASPI di Atlantia (Benetton), direi che è un buon punto di programma per il Paese. Se si volesse riprendere il controllo dell’ILVA – tutta, non solo quella di Taranto – lo vedrei come un avanzamento per il Paese.
Se si promuovesse una rete di aziende pubbliche nel campo dell’Energia e dei Trasporti è evidente che scomparirebbe la pubblicità delle Ferrovie dello Stato, così come cesserebbe il marketing per il mercato libero nell’energia che oggi aggredisce gli utenti, che oggi si vorrebbe trasformare in “clienti”.
Tutte risorse sottratte ancora una volta ai lavoratori, quelle della pubblicità per viaggiare con Ferrovie dello Stato, così come quelle del marketing aggressivo.
Energia e Trasporti sono due alture strategiche che vanno riconquistate, nonostante De Bortoli o il “nuovo” Presidente di Confindustria Bonomi la pensino all’opposto: come dubitarne del resto.
C’è altro ancora su cui incardinare uno stato progressista che salvaguardi i lavoratori, cessando di essere spettatore della colonizzazione più o meno strisciante, di cui esso stesso è preda ambita e dichiarata? 
Prossimamente si esprimerà qualche idea sulla “ricomposizione delle filiere”, sui benefici effetti che essa produrrebbe per la società, così come su Scuola, Università, Ricerca e tanto altro, senza perdere di vista i diritti civili, che non dimentichiamo.

sabato 18 aprile 2020

Il Bertoldo n. 1




Dal Veneto Zaia dichiara finito il cosiddetto “lockdown”, in italiano chiusura: significa questo un “liberi tutti”? In Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, dopo che il Presidente lombardo Fontana con una ordinanza rifiutava di applicare il decreto di apertura delle piccole attività, deciso dal Governo, a soli tre giorni di distanza si vorrebbe dare retta agli industriali che premono per “ripartire” subito.
È ben noto che le conseguenze economiche derivanti dall’epidemia del Covid-19 saranno gravissime, ed è preoccupante. Che poi questo determini la “riapertura” a breve, con il rischio attuale, è un altro paio di maniche.
È chiaro che si va delineando un quadro disastroso, nel quale non sono da escludere pulsioni autoritarie: non sarebbe la prima volta nella storia. Tra qualche settimana si riuscirà a scorgere in modo più nitido un orizzonte costellato da cumuli di macerie. A quel punto dovremo sapere che almeno tre sono le questioni da affrontare.
La prima è quella sul valore del lavoro, che non dovrà mai più essere disconosciuto, di qualsiasi lavoro si tratti. Ogni muro delle case dove abitiamo, ogni utensile che usiamo, ogni libro, ogni farmaco, tanto altro, compreso il cibo di cui ci nutriamo, è il risultato del lavoro di chi lo ha compiuto per un padrone che ci ha guadagnato sopra. L’esempio dell’operaia senegalese Yaye Diouf di 31 anni, che lavorava alla Brembo, morta di Covid19 al pronto soccorso di Bergamo, dice più di tanti paludati documenti politici, così come di dichiarazioni dalle quali traspare un manierismo di circostanza.
La seconda questione è quella di rimettere sulle sue gambe la nostra Sanità pubblica, avvilita dopo decenni di attacchi subiti perché ”ce lo chiede l’Europa”, che hanno avuto come esito, ben chiaro oggi, quello di favorire la Sanità Privata: quella stessa che in queste ore sta praticando i tamponi a pagamento, al costo di 120 euro l’uno. Anche qui la giustizia sociale scompare: fa il test solo chi può permetterselo. L’eccellenza lombarda, così declamata e tanto decantata, non ha impedito che i nostri medici e sanitari venissero mandati allo sbaraglio. Senza mascherine, senza tute di contenimento… rendendoli senza difese, mentre lavoravano per il preminente interesse collettivo, tutti protesi a salvare la pelle di migliaia e migliaia di contagiati. Loro avrebbero preferito non sentirsi chiamare “eroi”, questo non avrebbe tolto nulla alla nobiltà del loro lavoro, avrebbe però significato non dovere battersi contro il coronavirus con una mano legata dietro la schiena.
La terza questione, anche essa di non poco conto, consisterà nel ridimensionare le competenze attribuite irresponsabilmente da una finta sinistra alle Regioni, all’inizio degli anni 2000, sulla spinta di un miope e dannoso opportunismo, volto a contenere la spinta secessionistica presente nella Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Non si può vedere questo disordine, con regioni che credono di essere Stati. Talvolta si ha l’impressione di vivere negli Stati dis-Uniti d’Italia. In una situazione come questa, più confusione e meno coordinamento hanno indubbiamente contribuito ad una perdita di vite umane, il cui numero ci ha collocato ai vertici della classifica planetaria: un tragico primato che in altre condizioni si sarebbe potuto evitare.