giovedì 18 gennaio 2018

A proposito della LAMINA e dei suoi morti sul lavoro

Non è il caso di addentrarsi in una discussione su quanto si investisse per la sicurezza in LAMINA.
È sulla decisione, presa da esterni, di andare all’azienda per manifestare la propria indignazione, che invece vogliamo puntare l’attenzione; una decisione che si rivela sprovveduta per mancanza di conoscenza del mondo del lavoro, così come è indicatrice di forte autoreferenzialità, senza contare che una situazione così drammatica necessita di maggiore modestia e umiltà.
Appena venuti a conoscenza della chiamata a raccolta per andare alla LAMINA ci siamo chiesti se si fosse parlato con i lavoratori dell’azienda di questa decisione, se ci si fosse preoccupati di un confronto con loro sulle modalità con cui si andava a manifestare davanti all’azienda.
Infatti due erano le cose che non si dovevano perdere di vista, la morte dei loro compagni di lavoro così come il sequestro giudiziario dell’azienda. Il tutto all’interno di un contesto che non si è tentato neppure di conoscere e che invece va necessariamente considerato.
È chiaro che se si è andati al presidio senza considerare il contesto, non si sono contattati prima i lavoratori, non si è tenuto in nessun conto lo stato di preoccupazione e l’angoscia in cui si sono venuti a trovare, con il risultato di vedere un lavoratore della LAMINA fare delle obiezioni, sostenendo che lui e i suoi colleghi non erano neppure stati informati del presidio così come delle modalità con cui si sarebbe svolto.
Parlando proprio delle modalità con cui si è svolto questo “presidio”, c’è anche la banda che intona “Addio Lugano bella”, lo speakeraggio un po’ manieristico e lo striscione non concordato con i lavoratori. Tralasciando il dato di partecipazione a questa iniziativa è evidente che, a fronte di fatti così drammatici, non ci si può consentire scivoloni.

Poiché non abbiamo in mente «e che te lo dico a fare», diciamo chiaro chiaro che con questa riflessione intendiamo dare un contributo.. affinché non si ripeta la mancanza di valutazione delle circostanze e, in sintesi, gli svarioni conseguenti: queste cose sono troppo serie e vanno affrontate in tutt’altro modo.

martedì 16 gennaio 2018

Elezioni politiche 2018: ci risiamo.

Manifestiamo con questo documento l'idea che ci siamo fatti di questo passaggio elettorale, che avviene in circostanze inedite, a partire dal dopoguerra.

Il ventre della bestia capitalista è sempre più vorace, troppo per credere di trovare delle soluzioni per ammansirla, evitando di esserne sbranati, l’unica soluzione, ora più che mai, è il suo abbattimento, proprio per questo occorre dedicarsi all'idea di un partito comunista, che sappia pensare ed agire attraverso l’analisi concreta fondata su dati concreti di realtà.

Ci risiamo...

Siamo compagni che, senza risparmiarsi, hanno militato nel corso degli anni per il PRC, per il PdCI (divenuto in seguito PCdI ed oggi PCI) così come in altre formazioni di sinistra. Dopo avere constatato che i nostri sforzi erano gettati al vento, ci siamo incamminati su un percorso di guarigione da quella che definiamo “sindrome del criceto”. A questo animaletto ci siamo paragonati, correndo anche noi, così come lui, su una bella rotella: il fatto è che non si è avanzati neppure di un millimetro anzi, pur correndo a perdifiato, si è rimasti sempre chiusi all'interno della gabbia. Dopo avere realizzato, sia pur con dispiacere, che andandocene saremmo rimasti senza “casa”, abbiamo deciso di scendere dalla rotella e di uscire dalla” gabbia” per dar corpo ad un ambito comunista di discussione, al quale abbiamo dato il nome di Alessandro Vaia, commissario di guerra del Comando Piazza, che a Milano coordinerà l'insurrezione vittoriosa del 25 aprile 1945. In questa scelta non ha pesato una volontà di autocelebrazione, bensì la consapevolezza che, per arrivare dove è arrivato Alessandro Vaia, è indispensabile sapere bene che volontà e responsabilità dovranno necessariamente accompagnare coloro che saranno disposti a far fronte alle difficoltà, derivanti dal processo di costruzione, all'interno del quale non è dato agire se non sopportando l’obbligo ineludibile della Fatica.

A partire da qui

sappiamo che il 4 marzo 2018 si voterà per le elezioni politiche. A 10 anni di distanza si ripropone una “soluzione” salvifica per avere una rappresentanza parlamentare che “porti” all'interno delle istituzioni proposte e istanze provenienti dal... popolo.

Nel 2008, tenendo insieme socialdemocratici, verdi, “rifondatori” e comunisti italiani, si tentò, senza riuscirci, di conseguire lo stesso obiettivo attraverso la lista “Sinistra Arcobaleno”; la scelta di pensare alla somma aritmetica del consenso raccolto precedentemente da ognuna di queste forze non pagò: con un’affluenza alle urne dell’80,45%, alla Camera i voti furono 1.124.418 (3,08%), al Senato furono 1.053.154 (3,21%).

Nel 2013, a partire da “Io ci sto”, si giunse (non senza avere prima tentato l’alleanza con il PD) alla creazione della lista “Rivoluzione Civile”; con un’affluenza alle urne del 75,19%, l’esito ottenuto fu di 765.188 voti per la Camera (2,25%) e di 549.995 per il Senato (1,79%).

Fin qui i dati delle elezioni politiche che, negli ultimi 10 anni, hanno visto la sinistra perdente nel cimento. Al momento attuale appare difficile superare la soglia di sbarramento situata al 3%, per formazioni che si dicano collocate “a sinistra” di Liberi e Uguali. Su quest’ultima  “creazione” non ci soffermiamo.
I motivi di perplessità circa la scelta di dar vita ad una lista che si chiami “Potere al popolo”, per concorrere alla prossima scadenza elettorale, si possono dire così: