È sulla decisione, presa da esterni, di andare all’azienda
per manifestare la propria indignazione, che invece vogliamo puntare l’attenzione;
una decisione che si rivela sprovveduta per mancanza di conoscenza del mondo
del lavoro, così come è indicatrice di forte autoreferenzialità, senza contare
che una situazione così drammatica necessita di maggiore modestia e umiltà.
Appena venuti a conoscenza della chiamata a raccolta per
andare alla LAMINA ci siamo chiesti se si fosse parlato con i lavoratori dell’azienda
di questa decisione, se ci si fosse preoccupati di un confronto con loro sulle
modalità con cui si andava a manifestare davanti all’azienda.
Infatti due erano le cose che non si dovevano perdere di vista,
la morte dei loro compagni di lavoro così come il sequestro giudiziario dell’azienda.
Il tutto all’interno di un contesto che non si è tentato neppure di conoscere e
che invece va necessariamente considerato.
È chiaro che se si è andati al presidio senza considerare il
contesto, non si sono contattati prima i lavoratori, non si è tenuto in nessun
conto lo stato di preoccupazione e l’angoscia in cui si sono venuti a trovare, con
il risultato di vedere un lavoratore della LAMINA fare delle obiezioni,
sostenendo che lui e i suoi colleghi non erano neppure stati informati del
presidio così come delle modalità con cui si sarebbe svolto.
Parlando proprio delle modalità con cui si è svolto questo “presidio”,
c’è anche la banda che intona “Addio Lugano bella”, lo speakeraggio un po’
manieristico e lo striscione non concordato con i lavoratori. Tralasciando il
dato di partecipazione a questa iniziativa è evidente che, a fronte di fatti
così drammatici, non ci si può consentire scivoloni.
Poiché non abbiamo in mente «e che te lo dico a fare»,
diciamo chiaro chiaro che con questa riflessione intendiamo dare un
contributo.. affinché non si ripeta la mancanza di valutazione delle
circostanze e, in sintesi, gli svarioni conseguenti: queste cose sono troppo
serie e vanno affrontate in tutt’altro modo.