Sebbene il Partito ultimo classificato per l’elezione del
Sindaco e del Consiglio Comunale di Milano degli scorsi 3 e 4 ottobre abbia
conseguito immeritatamente questo risultato, infatti dargli ben 500 voti a
Milano è per noi una follia, fa grande tristezza vedere il glorioso simbolo del
PCI che fu, così come l’altro simbolo con la falce ed il martello relegati
dagli elettori milanesi rispettivamente al quartultimo e terzultimo posto.
Entrambi con lo 02%: la stessa percentuale del prefisso telefonico cittadino.
I compagni che si sono impegnati nella campagna elettorale, coloro che quel
simbolo lo hanno votato, lo hanno fatto
per provare a rilanciare il simbolo dei lavoratori.
Si può dire lo stesso per coloro che invece stanno al "piano sopra",
i dirigenti di queste organizzazioni?
Chi ha gli strumenti per leggere correttamente la situazione politica nel
Paese, chi conosce lo stato reale del radicamento di queste organizzazioni e
chi conduce questa guerra guerreggiata tra i partitini alla sinistra, fuori
dalle “ali protettive” del PD, avrebbe dovuto quanto meno riflettere se a
questo giro non fosse stato il caso di fare un passo indietro e non armarsi di
lanciafiamme al Napalm, tanto da far concludere a qualche bravo compagno che, a
questo giro, il glorioso simbolo sia uscito incenerito.
Con questo non si vuole affermare che i comunisti avrebbero dovuto starsene
bellamente a casa e non presentarsi all’appuntamento elettorale, ma che andava
fatto con modalità completamente differenti, pur sapendo che sarebbe stata solo
una "riduzione del danno".
Infine, a titolo esemplificativo, non si può in un’elezione amministrativa
dissertare sul “Partito Rivoluzionario” e non vedere a due passi da casa
propria, in periferia così come in tutta la città, che il PD abbia installato
un certo numero di “sedi informali” con lo scopo di stabilire un rapporto con
l’elettorato che ci va a ripararsi la bici o a farsi l’aperitivo, cercando di
scimmiottare così l’insediamento delle ben note “casematte” gramsciane. Pochi
argomenti e ben mirati avrebbero potuto essere la classica spina nel fianco,
per dare quanto meno fastidio al podestà Beppe Sala, mostrando così di avere
maggiore attenzione per questioni inerenti la città ed i lavoratori che la abitano.
Credeteci, vi vogliamo bene, ma in queste circostanze la condizione per poter
esistere ed agire è grandemente disagevole; al punto da esigere di fare un bel
respiro ed analizzare la situazione. Senza dimenticare che è da Milano che
partono le tendenze che vanno ad innervare l’intero Paese.
Qualcuno, molto prima di noi, lo aveva già visto e scritto.
Ove si pensasse di ripartire illudendosi e sottovalutando ciò che è successo il
3 e 4 ottobre, si commetterebbe solo un errore grossolano. Di certo questo non
gioverebbe alla nostra causa.
Quindi, volendovi bene: ma anche basta...
Ambito Comunista Alessandro Vaia
12 ottobre 2021