Dal Veneto Zaia dichiara finito il
cosiddetto “lockdown”, in italiano chiusura: significa questo un “liberi
tutti”? In Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, dopo che il
Presidente lombardo Fontana con una ordinanza rifiutava di applicare il decreto
di apertura delle piccole attività, deciso dal Governo, a soli tre giorni di
distanza si vorrebbe dare retta agli industriali che premono per “ripartire”
subito.
È ben noto che le conseguenze economiche
derivanti dall’epidemia del Covid-19 saranno gravissime, ed è preoccupante. Che
poi questo determini la “riapertura” a breve, con il rischio attuale, è un
altro paio di maniche.
È chiaro che si va delineando un quadro
disastroso, nel quale non sono da escludere pulsioni autoritarie: non sarebbe
la prima volta nella storia. Tra qualche settimana si riuscirà a scorgere in
modo più nitido un orizzonte costellato da cumuli di macerie. A quel punto
dovremo sapere che almeno tre sono le questioni da affrontare.
La prima è quella sul valore del lavoro,
che non dovrà mai più essere disconosciuto, di qualsiasi lavoro si tratti. Ogni
muro delle case dove abitiamo, ogni utensile che usiamo, ogni libro, ogni
farmaco, tanto altro, compreso il cibo di cui ci nutriamo, è il risultato del
lavoro di chi lo ha compiuto per un padrone che ci ha guadagnato sopra.
L’esempio dell’operaia senegalese Yaye Diouf di 31 anni, che lavorava alla
Brembo, morta di Covid19 al pronto soccorso di Bergamo, dice più di tanti
paludati documenti politici, così come di dichiarazioni dalle quali traspare un
manierismo di circostanza.
La seconda questione è quella di
rimettere sulle sue gambe la nostra Sanità pubblica, avvilita dopo decenni di
attacchi subiti perché ”ce lo chiede l’Europa”, che hanno avuto come esito, ben
chiaro oggi, quello di favorire la Sanità Privata: quella stessa che in queste ore
sta praticando i tamponi a pagamento, al costo di 120 euro l’uno. Anche qui la
giustizia sociale scompare: fa il test solo chi può permetterselo. L’eccellenza
lombarda, così declamata e tanto decantata, non ha impedito che i nostri medici
e sanitari venissero mandati allo sbaraglio. Senza mascherine, senza tute di
contenimento… rendendoli senza difese, mentre lavoravano per il preminente
interesse collettivo, tutti protesi a salvare la pelle di migliaia e migliaia
di contagiati. Loro avrebbero preferito non sentirsi chiamare “eroi”, questo
non avrebbe tolto nulla alla nobiltà del loro lavoro, avrebbe però significato
non dovere battersi contro il coronavirus con una mano legata dietro la
schiena.
La terza questione, anche essa di non
poco conto, consisterà nel ridimensionare le competenze attribuite irresponsabilmente
da una finta sinistra alle Regioni, all’inizio degli anni 2000, sulla spinta di
un miope e dannoso opportunismo, volto a contenere la spinta secessionistica
presente nella Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Non si può vedere
questo disordine, con regioni che credono di essere Stati. Talvolta si ha
l’impressione di vivere negli Stati dis-Uniti d’Italia. In una situazione come
questa, più confusione e meno coordinamento hanno indubbiamente contribuito ad
una perdita di vite umane, il cui numero ci ha collocato ai vertici della
classifica planetaria: un tragico primato che in altre condizioni si sarebbe
potuto evitare.